Sono passati 26 anni dalla morte di Massimo Troisi ma oggi, 4 giugno 2020, è anche il secondo giorno della “fase 3”: chissà cosa avrebbe detto l’artista napoletano a proposito del Coronavirus.
Per il cinema italiano e per le città di Napoli e San Giorgio a Cremano, il 4 giugno sarà ricordato per sempre come la data in cui è morto Massimo Troisi, stroncato a 41 anni da un infarto mentre dormiva, proprio il giorno dopo la conclusione delle riprese del suo capolavoro nonché testamento artistico: Il postino. Ma, come un vecchio film-documentario che lo vedeva protagonista, da allora in poi “Morto Troisi, Viva Troisi”, con l’artista entrato nella leggenda dell’arte italiana grazie ai suoi film, alle scenette con La Smorfia assieme a Lello Arena ed Enzo Decaro e al suo essere “atipicamente napoletano”. In molti resta il rimpianto di essere stati privati troppo presto della sua creatività, come detto più volte anche da un suo amico fraterno, Carlo Verdone: “Era l’attore comico per eccellenza, nessuno è stato come lui e il destino ha portato via un talento smisurato che tanto avrebbe potuto dare al teatro e al cinema italiano”.
Ed è soprattutto in tempi difficili come questo che manca la sua ironia, con cui Troisi sapeva spaziare alla perfezione dall’ingenuità all’amore, fino alla satira politica. Basti pensare che oggi, 4 giugno 2020, è anche il secondo giorno della fase 3, che ha portato alla riapertura ormai totale dell’Italia dopo tre mesi di preoccupazioni dovute al Coronavirus. Già, il Covid 19: cosa avrebbe detto Massimo Troisi di questo virus che così profondamente ha cambiato le nostre vite? La risposta purtroppo non potrà mai esserci, ma si può certamente giocare a fare delle “ipotesi”. Senza mai dimenticare il dramma sanitario e sociale di questa pandemia, molto probabilmente avrebbe creato dal nulla gag su gag (da far vedere al pubblico rigorosamente sui social) con protagoniste le parole chiave di questi tre mesi: mascherine, distanziamento sociale, fase 1, fase 2, assembramenti, DPCM, ordinanze (e contro-ordinanze), restate a casa (e torna subito in mente la scena cult di Scusate il ritardo, in cui esorta l’amico Tonino (Lello Arena) con un perentorio “Statt a cas”), quarantena, sanificazione, tamponi ecc. ecc.
Ma, nello stesso tempo, avrebbe invitato a riflettere su come la “lezione” Coronavirus non sia stata affatto imparata da tutti (a dispetto del pur nobilissimo slogan “Andrà tutto bene”), con l’iniziale generosità che ha spesso lasciato spazio (soprattutto sui “social”) alla purtroppo sempre più consueta cattiveria. Avrebbe forse ironizzato sulle polemiche tra virologi, “rifugiandosi” nella celebre scenetta con Renzo Arbore e Nino Frassica a Indietro tutta, in cui la soluzione al gioco che lo vedeva “protagonista” era Rossano Brazzi e non Massimo Troisi, dando ragione a tutti, perché “la televisione non può sbagliare”.
E, con ogni probabilità, sarebbe intervenuto a modo suo nelle polemiche tra “modelli della Sanità”, oltre che sulla lunga astinenza dal calcio e dal suo amatissimo Napoli. Ma, soprattutto (e questa è una certezza), Massimo Troisi sarebbe stato in prima fila per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi che sta vivendo il cinema, tra i settori economicamente più penalizzati da questo durissimo momento.
E lo avrebbe fatto nel suo essere napoletano, perché, come decanta Roberto Benigni in una splendida poesia dedicata a Massimo, “con lui ho capito tutta la bellezza/di Napoli, la gente, il suo destino/e non m’ha mai parlato della pizza/e non m’ha mai suonato il mandolino”.