Per il cinema italiano e per le città di Napoli e San Giorgio a Cremano, il 4 giugno sarà ricordato per sempre come la data in cui è morto Massimo Troisi, stroncato a 41 anni da un infarto mentre dormiva, proprio il giorno dopo la conclusione delle riprese del suo capolavoro nonché testamento artistico: Il postino. Ma, come un vecchio film-documentario che lo vedeva protagonista, da allora in poi “Morto Troisi, Viva Troisi”, con l’artista entrato nella leggenda dell’arte italiana grazie ai suoi film, alle scenette con La Smorfia assieme a Lello Arena ed Enzo Decaro e al suo essere “atipicamente napoletano”.
Ed è soprattutto in tempi difficili come questo che manca la sua ironia, con cui Troisi sapeva spaziare alla perfezione dall’ingenuità all’amore, fino alla satira politica. Basti pensare che oggi, 4 giugno 2020, è anche il secondo giorno della fase 3, che ha portato alla riapertura ormai totale dell’Italia dopo tre mesi di preoccupazioni dovute al Coronavirus. Già, il Covid 19: cosa avrebbe detto Massimo Troisi di questo virus che così profondamente ha cambiato le nostre vite?
Ma, nello stesso tempo, avrebbe invitato a riflettere su come la “lezione” Coronavirus non sia stata affatto imparata da tutti (a dispetto del pur nobilissimo slogan “Andrà tutto bene”), con l’iniziale generosità che ha spesso lasciato spazio (soprattutto sui “social”) alla purtroppo sempre più consueta cattiveria.
E, con ogni probabilità, sarebbe intervenuto a modo suo nelle polemiche tra “modelli della Sanità”, oltre che sulla lunga astinenza dal calcio e dal suo amatissimo Napoli.
E lo avrebbe fatto nel suo essere napoletano, perché, come decanta Roberto Benigni in una splendida poesia dedicata a Massimo, “con lui ho capito tutta la bellezza/di Napoli, la gente, il suo destino/e non m’ha mai parlato della pizza/e non m’ha mai suonato il mandolino”.
Articolo pubblicato il: 4 Giugno 2020 13:04