Napoli senza teatri: riflessioni e risposte su una situazione assurda dello scrittore, sceneggiatore e drammaturgo, Maurizio De Giovanni.
Un contesto mai immaginato quello di una Napoli senza teatri. Una situazione assurda e inconcepibile mai verificatasi prima, persino quando sui napoletani, durante la seconda terribile guerra mondiale, cadevano le bombe e le mura delle loro case.
Ecco perchè, in uno scenario innaturale, che sembra avere tutti i tratti dell’incubo, viene spontaneo interrogarsi sulla differenza tra il periodo che vide Napoli martoriata dalla guerra perdere tanti innocenti e subire la distruzione del suo patrimonio artistico e il periodo attuale, che nella stessa città flagellata da un virus chiamato Covid, vede Napoli contare le vittime e assistere alla morte della sua antica cultura teatrale.
Un raffronto terribile, quello tra la Napoli di ieri coperta dalle macerie e la Napoli di oggi vittima di un’epidemia che mina la vita del teatro e della cultura. Un parallelo spietato, inconcepibile, che pur non annullando la speranza di rivedere i teatri partenopei nuovamente all’opera, proprio come fece il Teatro San Carlo, primo a ricominciare l’attività all’indomani della seconda guerra mondiale, pone lo spunto per tante riflessioni e tanti responsi, come quelli dello scrittore, sceneggiatore e drammaturgo, Maurizio De Giovanni.
In che modo, secondo lei, la città di Napoli potrà continuare a vivere senza teatri aperti?
“Napoli, non è un posto che può vivere senza teatro. Il teatro è la stessa essenza di Napoli e della napoletanità. Napoli intera è un palcoscenico. Lo è sempre stato. Noi affondiamo le radici nel nostro passato attraverso il teatro e quindi, la mancanza del teatro significa la mancanza di una parte essenziale della nostra stessa identità. E non parlo soltanto del guardare il teatro ma del fare il teatro”.
In che misura si potrà recuperare la normalità in città con gli attori fermi e la cultura vittima di sistematici colpi mortali?
“Con gli attori meravigliosi di una generazione straordinara, che anima questa arte in tutto il paese, privata della propria attività, non potrà mai esserci normalità. Non ci potranno mai essere buone consuetudini nella nostra esistenza finchè non riapriranno i teatri. Molto più di ogni altra attività, l’apertura dei teatri segnerà il nostro ritorno a una vita degna di essere vissuta”.
Così come accadde con la 2a guerra mondiale che, parlando di teatro e della città, porta subito alla mente l’immensa “Napoli Milionaria” di Eduardo De Filippo con la sua battuta finale “ha da passà ‘a nuttata”, questa Pandemia con le sue conseguenze lascerà il segno?
“Questa, è una guerra! E lascerà come tutte le guerre dei segni nella memoria e nella vita sociale. Però lascerà anche una grande euforia e una grande voglia di vivere. E proprio nell’ambito di questa voglia di vivere, di euforia per lo scampato pericolo e di forte desiderio di vita, ci sarà sicuramente il teatro. Tuttavia, io penso che questa brutta esperienza potrà cambiare le cose in meglio. Perchè ci farà riguadagnare la scala dei valori. Ci farà riguadagnare il senso delle priorità e l’importanza delle cose belle”.