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“Nabucco”, grande trionfo al San Carlo

Cinque convincenti repliche di “Nabucco” al Teatro San Carlo, che hanno riscosso un grande successo di pubblico, confermando quella forte passione per l’opera che qui a Napoli è particolarmente sentita.

Ci sono voluti ben undici anni di assenza prima che “Nabucco”, terza opera capolavoro di Verdi, approdasse nuovamente al teatro San Carlo dove in questi giorni ha riscosso un grande e meritato successo, forse oltre qualsiasi confortante aspettativa. 

Nabucco, che inizialmente si chiamava Nabucodonosor, abbreviato per un’esecuzione tenuta a Corfù nel 1844, fu per Verdi di importanza vitale dopo i gravi lutti personali che lo colpirono infaustamente e dopo il grave insuccesso di Un giorno di regno, il melodramma giocoso che precede di qualche anno la stesura del Nabucco.

Anche se tutti noi sappiamo che il successo di questo terzo lavoro lirico è fortemente legato a motivi strettamente politici, tuttavia si avverte subito in Verdi quella via giusta per l’ispirazione musicale, la cui struttura strumentale si discosta radicalmente dalle esperienze precedenti, con un suono orchestrale che convince e che piace sin dalla “sinfonia” iniziale.

Tutta l’opera quindi va “colorandosi” di efficaci passaggi strumentali che lasciano intravedere senza dubbio quella sintesi espressiva e drammatica che saranno alcuni degli elementi peculiari dello stile artistico di Verdi.

Tutti elementi questi che sono stati efficacemente evidenzianti dalla brillante e convincente direzione di Francesco Ivan Ciampa, giovane direttore avellinese che è stato chiamato a sostituire il grande Nello Santi per motivi di salute, una leggenda della direzione d’orchestra.

Questo il commento del direttore che per la prima volta è salito sul podio di un teatro così prestigioso “Essere al suo posto, al posto cioè di un’enciclopedia vivente della musica, è un onore e una responsabilità enormi”. Gli fa eco un’orchestra, come quella del San Carlo, che ha maturato in questi lunghi e faticosi anni, una grande esperienza professionale, che gli ha permesso di regalare al pubblico intense e precise interpretazioni di grande livello artistico, proprio come è successo per questo magnifico allestimento del Teatro dell’Opera di Roma.

Abbiamo quindi ritrovato anche una magnifica Anna Pirozzi, impeccabile soprano, dotato di una voce magnifica e di un controllo della stessa preciso e solenne, (che si è alternata con l’altrettanto brava Susanna Branchini), nei panni di una straordinaria Abigaille, che ha mandato in delirio tutto il teatro, con la sua eccellente interpretazione.

Altrettanto brave le voci degli altri personaggi, da Giovanni Meloni e Sebastian Catana  nei ruoli di Nabucodonosor, Antonello Palombi e Marco Maglietta per quello di Ismaele, Rafal Siwek e XSergey Kovnir per Zaccaria e Carmen Topciu e Rosanna Ribaldi nei ruoli di Ferena.

Molto bello anche l’allestimento firmato dal regista Jean-Paul Scarpitta, responsabile anche delle scene, esperto studioso di storia dell’Arte e Arte Drammatica, che qui ha contribuito con passo fermo e deciso, al positivo svolgimento dell’azione scenica per un brillante successo costruito con fatica e determinazione. E arriviamo alla melodia forse più famosa dell’opera e di tutti i più celebri cori, quando sulle sponde dll’Eufrate gli sventurati ebrei prigionieri in Babilonia, cantono mestamente il loro più drammatico e suggestivo lamento: Va pensiero, sull’ali dorate … “.

Una semplice ma efficace melodia che intona il coro all’unisono e sotto voce, proprio come indica esplicitamente lo stesso Verdi, sullo spartito. Un pagina perfetta che tutto il mondo ci invidia e che il direttore, nella recita del 10 ottobre scorso, ha voluto ripetere concedendo il consueto “bis”, per “festeggiare” il compleanno dell’autore nato il 10 ottobre 1813 a Le Roncole di Busseto in provincia di Parma.

Peccato solo che il pubblico, in entrambe le esecuzioni, spinto da una stupida e inadeguata voglia di applaudire proprio nelle battute finali e quindi più intense del brano, abbia rovinato quell’atmosfera mistica e di religioso silenzio, che andava rispettata ed ascoltata fino in fondo, nonostante l’eloquente gesto del direttore nel bloccare tale inutile e incompetente, impeto.

Una grande prova dunque anche del prestigioso Coro del San Carlo, istruito molto scrupolosamente dalla brava e preparata Gea Garatti Ansini. Speriamo di non dover aspettare altri undici anni per rivedere sul palcoscenico del Massimo napoletano questa grande opera verdiana, che in questi giorni ha regalato alla città di Napoli un’altra grande prova di dedizione e forte professionalità artistica, con uno spettacolo che si inserisce di diritto tra i più belli proposti dal San Carlo.

Articolo pubblicato il: 15 Ottobre 2018 8:00

Carlo Farina

Carlo Farina - cura la pagina della cultura, arte con particolare attenzione agli eventi del Teatro San Carlo, laureato in Beni culturali, giornalista.