Piazza Plebiscito: Mibac blocca i lavori per l’installazione delle griglie di aerazione della Linea 6 (indicando largo Carolina come alternativa). Possibile ricorso del Comune al Tar.
Colpo di scena: il Mibac ha disposto lo stop al cantiere in piazza Plebiscito, teso all’installazione delle griglie di aerazione della Linea 6 della metropolitana. Il Ministero ha disposto l’annullamento d’ufficio del parere autorizzatorio rilasciato dalla soprintendenza il 2 marzo scorso, con atto firmato dal direttore generale del Mibac, Gino Famiglietti.
Il sovrintendente Luciano Garella è stato incaricato di emettere apposito provvedimento per l’autorizzazione delle opere della camera di ventilazione in variante in largo Carolina (un centinaio di metri distante da piazza Plebiscito), ma solo se il Comune di Napoli fornirà un adeguato progetto. Il dietrofront del Ministero riguarda il vincolo specifico di tutela che insiste su piazza Plebiscito, sia sull’ambiente che sul decoro. Ma le conseguenze vanno oltre. Come riporta “Il Mattino”, sono a rischio 98 milioni della Ue, posti di lavoro, con almeno due anni di ritardo per il collegamento con la linea 1, vale a dire non più nel 2020 ma nel 2022. Inoltre, c’è il controveto della Prefettura al nuovo scavo per motivi di “sicurezza nazionale” e possibili ricorsi e richieste di risarcimento danni.
La nuova location di largo Carolina era stata definita da Ansaldo (società concessionaria) e Metropolitana spa (responsabile della progettazione) “non conveniente” nel dossier inviato alla soprintendenza, per possibili ritardi dei lavori, con aggravio dei costi e il rischio di perdere i fondi europei per l’infrastruttura (un “incubo” che per motivi diversi riguarda anche il cantiere di via Marina).
Da Palazzo San Giacomo annunciano ricorsi contro il provvedimento: “Credo di dover dire -ha dichiarato a “Repubblica” l’assessore ai Trasporti, Mario Calabrese– che per me valgono ancora tutte le considerazioni che erano alla base della nostra scelta. È chiaro che ci avviamo a pagare un prezzo salato, danni notevoli dovuti al rallentamento di un cantiere che era partito con le necessarie autorizzazioni”. Si profila dunque quanto meno la possibilità di impugnare l’atto, previsto peraltro esplicitamente anche nel documento ministeriale, la cui formula finale di rito ammette la possibilità di un ricorso al Tar: “Credo proprio di sì – conferma Calabrese – Il danno è evidente. C’è di mezzo anche la ridiscussione della tempistica riguardante i fondi europei, che hanno scadenze sia di realizzazione che di rendicontazione”.