Nino Rota, un musicista versatile e completo che con le sue celebri colonne sonore ha immortalato i più bei film italiani del grande cinema.
L’importanza che la musica riveste nelle molteplici attività umane ha reso quest’arte un indispensabile veicolo di comunicazione per la diffusione della cultura, poiché qualsiasi “frase” musicale è accessibile a tutti in ugual misura, proprio per l’immediatezza che il suono prodotto da uno strumento musicale può offrire al nostro orecchio e soprattutto suscitare particolari stati d’animo che la buona musica riesce a trasformare in grandi emozioni.
Per questo motivo quasi tutte le colonne sonore dei film diventano parte integrante degli stessi, dove talvolta il successo cinematografico viene misurato proprio dalla musica che ne accompagna, per tutta la durata del film, le scene più intense e significative. Ed è proprio quello che è successo con i film “segnati” dalle colonne sonore di un grande compositore dei nostri tempi, Nino Rota (1911-1979), un musicista di grande talento ed un uomo di raffinata cultura noto soprattutto per le sue celeberrime colonne sonore, senza le quali i film non sarebbero stati gli stessi, ne tantomeno avrebbero riscosso un così grande successo di pubblico e di critica.
Ma la figura di Nino Rota, quando si parla di colonne sonore, non può non essere accompagnata da un’altro grandissimo nome come quello di Federico Fellini (1920-1993). Quest’ultimo è stato, infatti, uno dei più apprezzati registi cinematografici in campo internazionale, che con Rota ha rappresentato un binomio unico ed indissolubile nella storia del cinema, la cui lunga e fortunata collaborazione è stata interrotta solo della scomparsa dello stesso Rota.
Il ruolo che Fellini affidava alla musica nei suoi film era decisamente quello del protagonista, e per questa ragione sapeva che non poteva appoggiarsi a un comune musicista, dove la commercializzazione delle colonne sonore non avrebbe né aiutato né valorizzato nessuna sua pellicola.
Per questa ragione aveva bisogno di un grande talento musicale, che aveva trovato proprio in Rota, senza mai più lasciarlo. Non è possibile infatti pensare ad un film di Fellini senza il “commento” musicale di Rota, sarebbe come avere un corpo senza anima. Non a caso, per uno dei film più belli e significativi di Fellini,
La strada del 1954, che tra l’altro gli valse anche un Oscar, Rota compose una delle più belle e struggenti Suite orchestrali, che per la semplicità melodica lasciò sconcertata una parte di critica, ricevendo però un grande consenso di pubblico. La stessa cosa accadde anche per
La dolce vita del 1959, considerato il film-boom degli anni ‘60, dove la feroce denuncia della volgarità di certi ambienti cosiddetti culturali, fu raccontata con notevole impegno e suggestione, ed è proprio la musica che dà la svolta decisiva alle varie fasi del film, nel quale la melodia malinconica della tromba, suonata da un clown, rappresenta il definitivo svolgersi del dramma a cui fa riferimento l’intera vicenda cinematografica.
Ha quindi scritto le musiche per 8 1/2, un film dichiaratamente autobiografico, che ebbe una nomination all’Oscar come miglior film straniero, senza dubbio uno dei più acclamati dalla critica di tutto il mondo. Ma Rota pur restando il compositore preferito da Fellini, ha offerto il suo grande talento anche ad altri grandi registi, ed uno di questi è stato Luchino Visconti. La collaborazione con questo regista durò molto a lungo, per il quale compose le famosissime melodie di due grandi capolavori cinematografici, Rocco e i suoi fratelli del 1960, ed Il Gattopardo dell’anno successivo. Per questi due film le musiche sono state di fondamentale importanza, anche se nel primo l’incisività della musica non viene avvertita completamente, tuttavia riesce ad offrire un ricordo vivo dei protagonisti della vicenda.
Per il Gattopardo invece il discorso è diverso, la musica assume toni e ambientazioni di ampio respiro, soprattutto nella lunga e famosa sequenza del ballo dove è la musica che torna ad imporre la sua forte presenza, composta da sei danze originali di Rota, e dall’orchestrazione di un spartito inedito di Giuseppe Verdi.
La “sinfonia” de Il Gattopardo ha poi fatto il resto, tratto da un frammento musicale che Rota accennò al pianoforte a Visconti durante la genesi della colonna sonora del film.
Lasciato in un cassetto per molti anni e mai orchestrato fu inserito nel contesto cinematografico del film, e proposto per la prima volta in tutta la sua interezza fino ad essere diventato uno dei più famosi ed apprezzati lavori musicali del nostro musicista.
Fondamentale inoltre fu la collaborazione con il regista americano Francis Ford Coppola, per il quale compose le indimenticabili e struggenti melodie de Il Padrino (1972) e Il Padrino parte II (1974), che sono senza dubbio tra le più note colonne sonore di Rota, note forse proprio per il loro clamoroso successo commerciale, che consacrò Rota come uno dei più grandi ed originali musicisti del novecento, accanto naturalmente ad Ennio Morricone e Gianandrea Gavazzeni.
Ma la sua formazione artistica prevalentemente classica, non poteva appagare un grande talento come Rota limitandosi alle sole musiche per film, ma aveva bisogno di esprimere la sua vena artistica con qualcosa di più sentito ed impegnativo, e così ci ha regalato memorabili composizioni per pianoforte, che tra l’altro suonava da vero virtuoso, preoccupandosi di comunicarci il carattere ed il privilegio della universalità che solo la musica riesce a diffondere.
Pertanto, dopo il giovanile Ippolito gioca, del 1930 un omaggio al maestro Ildebrando Pizzetti (padre di Ippolito), sono nati i quindici preludi per pianoforte del 1964, dei piccoli e fugaci “appunti” melodici di non facile esecuzione. Ma con le Variazioni e fuga nei 12 toni sul nome di Bach, il discorso si fa più impegnativo e partendo dalla famosa sigla di quattro note (si bemolle, la, do, si naturale), ricavate dalle lettere del nome “Bach”, Rota compose un lavoro pianistico complesso ed articolato, tanto faticoso dal punto di vista tecnico, quanto ardito dal punto di vista interpretativo.
Il ciclo dedicato al grande musicista del seicento si completa idealmente con i Due valzer sul nome di Bach, che furono integrati nel materiale tematico della colonna sonora del Casanova di Federico Fellini. Anche in questo caso l’impegno nell’eseguire ed interpretare i due valzer è di gran lunga arduo, e la brillante scrittura pianistica richiede una notevole confidenza con la tastiera.
L’attività artistica di Rota è stata inoltre legata al mondo della scuola, infatti fu direttore del Conservatorio di Bari fino al 1950, e durante tale attività promosse ed incoraggiò i giovani allievi che si affacciavano al mondo della musica, componendo anche brani specificamente didattici e di valore creativo eccellente.
Tra questi vanno menzionati i Sette Pezzi difficili per bambini, brani comunque impegnativi che richiedono la massima attenzione e maturità, nonostante la fascia di età alla quale sono destinati. Continuando a sfogliare il “catalogo” delle composizioni di Rota troviamo un interessante Concerto per Archi, del 1964-65, che fu eseguito per la prima volta dalla storica Orchestra Alessandro Scarlatti di Napoli nel 1967; si tratta di un brano suddiviso in quattro movimenti, così come vuole la concezione classica del concerto strumentale, un Preludio, uno Scherzo, un’Aria ed un Finale allegrissimo.
Lo stile è raffinato e la maturità artistica la si avverte subito, in una composizione di non facile lettura musicale. Interessanti inoltre anche il Concerto Soirèe per Pianoforte ed orchestra, del 1961 composto di cinque tempi, e la Fantasia sopra 12-note del “Don Giovanni” per Pianoforte ed orchestra, composti entrambi in un periodo di grande maturità artistica, dove è evidente la spiccata versatilità di Rota nel passare tranquillamente da un genere ad un altro, confermando e dimostrando di essere un musicista completo ed un uomo di grande fascino e cultura.
Concludendo, Nino Rota sicuramente è stato uno dei più attenti e sensibili compositori contemporanei, la cui eredità ancora nessuno ha saputo riprendere con la stessa geniale vena artistica.