Una porta al centro della scena, fredda e bloccata dall’interno, due sedie vuote agli estremi della stessa e i due personaggi che prendono lentamente “vita”. Questo il punto di partenza per raccontare una storia, un dramma, un disagio sociale all’interno del quale si muovono i due individui, diversi per condizione sociale e per cultura.
Il primo, Michele, interpretato da Mauro Di Rosa che ha firmato anche lo spettacolo, studente di filosofia senza moglie ne figli, ma solo pieno di ideali si contrappone al suo amico e collega Raffaele, interpretato da Mario Cangiano, sposato e con prole, preoccupato solo di dare un sicuro sostentamento alla famiglia.
Entrambi lavorano al turno di notte della fabbrica dove sono costretti a “vivere” e dove in una di queste tante notti si trovano, per caso, a dover affrontare un grande e drammatico problema: un loro collega si è chiuso in bagno, e non vuole uscire. Per aiutarlo decidono di sacrificare un’ora di lavoro al proprio turno di notte, che metterà a dura prova entrambe le menti soggiogate da una società inumana che punta solo al profitto, riducendo gli individui a larve umane, a oggetti di puro consumo, ad efficienti automi.
Il lavoro all’interno di una fabbrica diventa dunque la metafora di una vita vacua e deprimente alla quale l’idealista e mancato filosofo Michele, vuol mettere fine, cercando di convincere il suo amico ad “aprire gli occhi” e ribellarsi contro il potere inumano della abitudinarietà. Gli ingredienti ci sono tutti, dall’importanza del tempo, che scorre senza metodo, ai sogni irrealizzati, ai desideri inappagati, alle soddisfazioni troppo presto consumate.
Gli attori si muovono sulla scena con un gioco teatrale avvincente e convincente, intervallati dalla presenza di un terzo attore, il bravo Fabio Rossi, una voce fuori campo che potrebbe essere quella coscienza troppo spesso dimenticata e accantonata dai due protagonisti dello spettacolo.
Significativa la citazione tratta da “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino, quando Carlomagno, che doveva passare in rivista i paladini, si accorge che uno di essi Agilulfo non esiste, e alla domanda legittima del RE “E com’è che fate a prestar servizio, se non ci siete?” Agilulfo risponde secco: “Con la forza di volontà”. Certo, con quella stessa forza di volontà del protagonista Michele, che cerca di trasmettere con disperazione anche al suo collega Salvatore.
Non importa come andrà a finire la nostra storia, l’importante è aver scosso la mente e la coscienza, ormai assopite, di Salvatore con un semplice atto, con quella forza di volontà, presa in “prestito” dal romanzo di Calvino. Lo spettacolo è una riduzione teatrale dell’opera prima “Turno di notte”, scritto, diretto e interpretato da Mauro Di Rosa, che debuttò dietro la macchina da presa, con questo significativo cortometraggio.
La regia è stata affidata a Pako loffredo, le scene a Federico Paparone, mentre Alessandro Messina ha curato le luci. Un gruppo di bravi e giovani attori, dunque che ha messo in scena uno spettacolo che merita di essere rivisto e riproposto, soprattutto quando a fare teatro ci sono validi attori che vanno incoraggiati, seguiti e applauditi.
Articolo pubblicato il: 23 Marzo 2018 10:19