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Pensioni anticipate e Ape Sociale: La proposta del governo

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Ultime notizie sulle pensioni. 30 anni di contributi per i lavori gravosi esentati da aumento età. Ape sociale esteso a 46mila.

Le notizie relative alla riforma delle pensioni in arrivo dall’ultimo tavolo tecnico fra Governo e sindacati, stamattina, confermano che saranno esentate dall’aumento dell’età pensionabile 15 categorie di lavoratori, a patto però che rispettino due requisiti. Pertanto emergono due novità recenti con le quali il governo tenta di avvicinarsi ai sindacati. Da un lato la proroga al 2019 dell’Ape Sociale.Pensioni novità ultima ora. 30 anni di contributi per i lavori gravosi esentati da aumento età. Ape sociale esteso a 46mila. Dall’altro l’estensione della platea di beneficiari esentati dall’aumento dell’età pensionabile. Per i sindacati è un passo in avanti ma non abbastanza per garantire certezze sul fronte previdenziale. Ecco le ultime notizie sulle pensioni. La discussione riguarda le 15 categorie di lavoratori che nel 2019 saranno esentate dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni (un aggravio di cinque mesi innescato dall’adeguamento del requisito anagrafico alla speranza di vita Istat). Potranno beneficiare dell’esclusione i lavoratori che hanno svolto uno dei mestieri considerati “gravosi”, ovvero gli 11 che (a determinate condizioni) danno accesso all’Ape sociale più altri quattro. Ecco la lista completa:

– professioni infermieristiche e ostetriche;
– insegnanti d’asilo;
– badanti facchini;
– addetti allo spostamento delle merci;
– operatori ecologici;
– raccoglitori e separatori di rifiuti, personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
– operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
– conduttori di gru e di macchinari mobili per la perforazione delle costruzioni;
– autisti di camion e mezzi pesanti;
– conduttori di treni e personale viaggiante;
– conciatori di pelli e pellicce;
– lavoratori marittimi;
– pescatori;
– operai agricoli;
– operai siderurgici.

La semplice appartenenza a una delle 15 categorie, tuttavia, non è sufficiente per essere esclusi dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni del 2019. Sono necessari anche altri due requisiti ed è proprio su questi che il Governo sembra disposto a intervenire, alleggerendo le richieste iniziali.

Secondo le indiscrezioni, i due nuovi requisiti sono i seguenti:

1) aver versato 30 anni di contributi (uno sconto consistente rispetto ai 36 inizialmente previsti);

2) avere svolto l’occupazione gravosa per almeno sette anni negli ultimi 10 (in precedenza si era parlato di almeno sei anni degli ultimi sette).

Non solo: il Governo avrebbe anche confermato che sarà istituito un comitato tecnico-scientifico con il compito di riformulare il meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile. Modifiche che però potranno entrare in vigore soltanto a partire dall’incremento del 2021.

Ultima cosa, ma non per importanza, la necessità di agevolare “l’accesso dei lavoratori precoci all’Ape Sociale”. Un nuovo passo quindi verso i sindacati da parte del governo, nel tentativo di aumentare la platea dei beneficiari esentati dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni previsto per il 2019. Si tratta di una novità che è diretta conseguenze delle proteste dei sindacati. Cgil aveva infatti definito “infondate” le stime del governo sull’aumento di 15 – 17 mila unità con le nuove categorie di lavori gravosi aggiunte alle 11 già stabilite. Per questo motivo, il governo ha lavorato su un allentamento dei requisiti per l’accesso, che dovrebbe causare un aumento effettivo della platea. Le modifiche toccheranno quindi due fronti. Da un lato la revisione del periodo di svolgimento del lavoro gravoso. Da 6 anni sugli ultimi 7 si potrebbe quindi passare a 7 sugli ultimi 10. Sull’altro fronte, invece, la modifica toccherebbe i requisiti contributivi. Si passerebbe così da 36 anni di contributi a 30 (o qualcosa in più). Per i sindacati tali modifiche rappresenterebbero un passo in avanti, ma in uno scenario generale risultano ancora insufficienti. Per la UIL servirebbe “congelare l’adeguamento automatico” e analizzare le peculiarità di ogni singolo lavoro attorno a un tavolo di discussione. Inoltre, rispetto ai cittadini UE, gli italiani sono il popolo che sta meno in pensione. La media per gli uomini è di 16 anni e 4 mesi. Ovvero 29 mesi in meno rispetto alla media UE. Per le donne invece la media è di 21 anni e 7 mesi. Vale a dire 19 mesi in meno rispetto alla media UE. La strada verso l’accordo, va detto, rimane in salita. Non solo perché ai sindacati le proposte del Governo sulle pensioni potrebbero non bastare (la Cgil, in particolare, parla di “giudizio negativo” e di “aperture insufficienti”), ma anche perché i margini d’intervento sono stretti. Le nuove misure non possono incidere in modo significativo sui conti pubblici, altrimenti si rischierebbe di indispettire Bruxelles, che il 22 novembre pubblicherà il suo giudizio definitivo sulla legge di Bilancio 2018.

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