La sua lucida e incredibile testimonianza sui campi di concentramento nazisti, ha fatto riflettere intere generazione di giovani sulla natura umana del male, raccontando gli orrori che ancora oggi si fa fatica a raccontare e a ricordare, per le atrocità inumane dei nazisti.
di Carlo Farina – Oggi 27 gennaio 2017, nel giorno della memoria dedicato al ricordo delle terribili sofferenze che i nazisti perpetuarono, sistematicamente e con folle lucidità, nei confronti degli ebrei, non si può non ricordare la figura, essenziale e fondamentale, di uno dei più attendibili e preziosi testimoni di tale orrore; lo scrittore e chimico Primo Levi, di cui quest’anno si celebra il trentennale dalla sua morte.
Infatti, la mattina dell’ 11 aprile 1987 il rumore sordo di un tonfo terribile rompe il silenzio nel condominio di Corso Re Umberto a Torino; il corpo senza vita dello scrittore Primo Levi giace esamine sul pianerottolo dell’ edificio nel quale viveva. Pochi minuti prima di compiere l’estremo atto attraverso il quale aveva deciso di togliersi la vita, lo scrittore chiamò al telefono Elio Toaff, il capo rabbino al quale disse: io non sopporto più questa vita, mia madre è malata di cancro e ogni volta che guardo il suo volto ricordo i visi di quegli uomini stesi sui tavolacci di Auschwitz. Con queste brevi parole intrise di enorme tristezza, Primo Levi lasciò questo mondo dal quale aveva ricevuto tremende ed irripetibili mostruosità raccontate in un libro che sarebbe diventato di lì a poco uno dei romanzi più letti e discussi del novecento, Se questo è un uomo. Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio 1919, dove compie gli studi che lo porteranno alla laurea in chimica pura, che paradossalmente si rivelerà fondamentale per la sua vita, ma questo lo vedremo in seguito. Deportato come ebreo ad Auschwitz nel 1944, il Lager nazista tristemente famoso per le atrocità perpetuate all’interno di esso e creato e voluto da Hitler con il preciso scopo di eliminare sistematicamente il popolo ebreo attraverso la sconcertante formula della cosiddetta “Soluzione finale”, pubblica alla fine dell’ anno successivo presso l’ editore Einaudi il racconto della sua drammatica esperienza con il titolo Se questo è un uomo; un romanzo decisamente autobiografico, divenuto a pieno titolo uno dei migliori classici della letteratura contemporanea, nato dalla necessità di testimoniare la disumana e spaventosa realtà che esisteva all’ interno di questi orrendi campi di sterminio, dove la cronaca della vita in un lager, ha raggiunto momenti di inumana atrocità fino al limite estremo della vergogna umana. Basti pensare che all’ingresso del campo gli internati venivano ricevuti da una banda musicale composta dagli stessi prigionieri, costretti a suonare mentre i nuovi arrivati varcavano la soglia del cancello sul quale era scritto a caratteri cubitali “Il lavoro rende liberi.”
Successivamente Levi pubblicherà il suo secondo romanzo La Tregua, quasi una continuazione del primo libro, in cui narra il suo lungo viaggio di ritorno in patria dopo la prigionia e dal quale il regista Francesco Rosi ne ha tratto un bellissimo film, vincitore del David di Donatello 1997. Il libro (La Tregua) ha ottenuto inoltre nel 1963 anche il premio Campiello. Così come accadde per un altro dei suoi romanzi Se non ora quando?, con il quale ottenne il premio Viareggio e ancora il premio Campiello nel 1982. Se pensiamo, per un solo momento, che la brillante carriera di scrittore è nata quasi per caso, si fa fatica a comprendere la grande capacità che Levi aveva nel raccontare storie come quella descritta in Se questo è un uomo. Infatti quando nel 1975 lasciò la direzione della fabbrica di vernici a Settimo Torinese, finalmente poté dedicarsi completamente alla scrittura, anzi come lui stesso lo definiva al “vizio di scrivere”. Così da evento eccezionale e casuale, diventò una vera e propria attività di scrittore-testimone, che ha saputo rinnovarsi negli anni successivi alla stesura delle sue opere più specificamente “di denuncia”.
Levi rappresenta probabilmente uno dei pochi scrittori, anzi forse l’unico a possedere due diverse identità, l’una di chimico e quindi di tecnico e l’altra di scrittore lucido e riflessivo. Queste due metà così come asseriva lo stesso Levi, sono totalmente distaccate, proprio come due mezzi cervelli che convivono nella stessa testa, egli era infatti contemporaneamente chimico e letterato, italiano ed ebreo, scrittore e testimone. Naturalmente queste due attività sono risultate fondamentali nella vita dello scrittore, il quale senza la laurea in chimica molto probabilmente non sarebbe uscito vivo dal Lager di Auschwitz dove i tedeschi pensarono bene di sfruttarne bene e subito le sue conoscenze tecniche, e senza la scrittura mai avrebbe potuto denunciare in modo così aperto ed inquietante la vita all’interno di un Lager. Personalmente consiglio a tutti di leggere i libri di Levi e soprattutto Se questo è un uomo, in particolare ai giovani che ahimè conoscono poco o niente della storia del Novecento, anche perché i fenomeni di razzismo, sono ancora oggi purtroppo presenti prepotentemente nella nostra cosiddetta società civile, che non tutela mai abbastanza i giovani nel corso dei loro anni di formazione, spesso distratti da falsi, stupidi e vuoti miti da seguire, dagli inutili social ai devastanti prodotti di elettronica.
Per tutta la vita Levi ha cercato di trasmettere con sforzo costante, lucido e di grande comunicabilità il suo dramma, vissuto da milioni di ebrei cercando la chiave giusta per combattere il problema del male attraverso la forza della razionalità dominata da una costante riflessione alla lotta per la sopravvivenza. Una brillante carriera quella di Levi, segnata purtroppo dalle vicende drammatiche di un conflitto senza pari, che dopo ben 72 anni dalla liberazione ancora ci fa riflettere sulla assurdità della guerra, che ha fatto di Levi un protagonista, suo malgrado, di una storia che lo costringe al ruolo di vittima e lo inserisce tra i più grandi scrittori della narrativa del dopoguerra nel vasto scenario letterale italiano. Ricordare la Shoah e tutto quello che ha significato per l’intera umanità, vuol dire anche non dimenticare il valore e sofferenza di un UOMO, come Levi, che non è MAI morto.