A distanza di un anno dall’uscita in sala, l’Academy non si dimentica della versione live action della “Bella e la Bestia”, con Emma Watson e Dan Stevens. Il cartone animato nel 1991 fu il primo a entrare in cinquina tra i migliori film, ma stavolta il remake in carne e ossa deve accontentarsi solo di qualche categoria tecnica (scenografia e costumi).
Battere se stessi non è sempre cosa facile, anche se sei la Disney o ti chiami Alan Menken. Sia la casa di produzione cinematografica che l’autore della colonna sonora del cartone animato La Bella e La Bestia, premiati a suo tempo per la versione animata con statuette e addirittura un posto tra le migliori pellicole dell’anno, stavolta saranno a bocca asciutta.
Per Beauty and the Beast 2016 diretto da Bill Condon solo due candidature alla miglior scenografia e ai costumi, ed erano pure sacrosante, dato lo sforzo del film riposto sul set e nel reparto abiti di scena. La mano sapiente del regista premio Oscar, che ha saputo ridare nuova linfa alla fiaba più amata degli anni ’90 insieme al Re Leone, non è riuscita a spingere i due protagonisti, Emma Watson e Dan Stevens verso l’Oscar, quest’ultimo penalizzato dalla performance in motion capture che dai tempi di Gollum nel Signore degli Anelli non viene considerata una vera recitazione attoriale.
Resta il successo al botteghino (sono in cantiere altri live action, come Mulan), e l’incanto regalato a grandi e piccoli, i primi cresciuti nel mito del primo film o reduci dalla visione in sala coi loro stessi figli nel 1991, e i secondi che hanno fatto conoscenza solo adesso con Tockins, Lumiere, Mrs Potts e Plumette.
I mitici oggetti parlanti, vittime dell’incantesimo che ha gelato il castello e trasformato il principe arrogante e viziato in una bestia dalle corna ricurve, sono ormai più protagonisti dei personaggi principali, caratteristi d’eccezione, doppiati da attori di calibro anche più elevato: Ewan McGregor (l’affascinante candelabro tombeur de femme), Ian McKellen (l’orologio), Emma Thompson (la mamma teiera), Stanley Tucci (irresistibile il suo clavicembalo italiano, new entry nella narrazione).
Ormai di culto la scena di apertura, che nel cartone era raccontata attraverso i colori una vetrata gotica in dissolvenza incrociata, qui invece col gran ballo dato dal giovane signorotto sfrontato e spavaldo, prima della tempesta: l’arrivo appunto della fata camuffata dalle sembianze di un’innocua vecchietta e della sua rosa magica. E poi il Bonjour cantato da Belle e dai paesani tra mercato, botteghe e lavoro al pozzo. Fino agli immancabili momenti del ballo nel gran salone e dello “Stia con noi”, numero musical che consacra Lumiere tra i personaggi più belli dell’intera storia dell’animazione.
La storia è quella nota ai più e ripresa infatti shot by shot, inquadratura per inquadratura come nell’originale, accompagnata dalle intramontabili musiche di Menken e da un nuovo pezzo originale, scritto appositamente per il film.
Andato in onda la sera di Natale su Sky Cinema Uno e da allora disponibile on demand, La Bella e la Bestia 2016 è un gioiellino che rapisce per due ore mente e cuore, forse troppo barocco e a tratti ridondante, ma aggiornato allo spirito femminile dei nostri tempi, sempre più consapevole e combattivo.
Belle già lo era nel cartoon, ma qui la Watson vive la sua vita nel ‘700 con l’anima di una ragazza dell’800 già proiettata verso il XX secolo. Inventiva e creativa, oltre che colta e appassionata di libri, è osteggiata dai concittadini del suo gretto villaggio francese, e troverà conforto, come spesso accade, nelle persone più insolite, nei mostri che poi non sono tali.
La forma dell’acqua ce l’ha ricordato recentemente al cinema che le vere creature mostruose, il più delle volte, sono gli uomini stessi, quelli preposti a difenderci o a far eseguire la legge, e qui la parabola non è poi così diversa.
Stupisce solamente che in paesi come la Russia sia stato vietato o boicottato per il primo personaggio evidentemente omosessuale di casa Disney: il tirapiedi del tronfio e borioso Gaston, ovvero Le Fou. Misteri della distribuzione internazionale, che non lascia in pace nemmeno l’arte e le sue opere su grande schermo.