Per questo motivo una turista francese di 45 anni è stata denunciata dai carabinieri della Capitale per danneggiamento aggravato su edifici di interesse storico e artistico. La turista era in compagnia della figlia minorenne e di due nipoti maggiorenni ed era entrata nell’Anfiteatro come visitatrice.
Due brasiliani ubriachi, il mese scorso, hanno scavalcato la cancellata del Colosseo convinti di vivere un’avventura, entrando dentro il tempio della romanità antica. E invece hanno perso l’equilibrio e sono precipitati giù, quattro metri di caduta libera. Uno dei due non si è fatto nulla.
L’altro ha riportato una brutta frattura al bacino. Nel 2015, una turista austriaca ha impresso con un coltellino svizzero le lettere M. D. S. su uno dei pilastri del monumento. Sempre due anni fa, un calciatore bulgaro ha inciso le sue iniziali con una monetina.
Nel 2014, due turisti australiani, padre e figlio, 45 e 12 anni, hanno pensato bene di prendere un piccolo sasso per incidere le proprie iniziali su un muro dell’Anfiteatro Flavio. Noncuranti del danno a uno dei monumenti più famosi al mondo.
Il ragazzino era già riuscito a scrivere le prime due lettere del proprio nome su di un muro in laterizio, mentre il padre faceva da palo, quando è stato notato da personale della Soprintendenza che ha allertato i Carabinieri.
Vistosi scoperto, il papà ha provato a cancellare le scritte, grandezza 3×4 cm ma è stato fermato dai Carabinieri, che hanno anche sequestrato il sasso per verificarne l’epoca e l’eventuale interesse storico.
Sono solo alcuni dei numerosi episodi di atti vandalici avvenuti a carico del Colosseo, che richiedono interventi rapidi di innalzamento delle misure di sicurezza. Ad oggi, imbrattare o deturpare cose di interesse storico o artistico, prevede la pena della reclusione da tre mesi a un anno e una multa da 1.000 a 3.000 euro.
Intanto, non serve guardare alla storia recente per storcere il naso: la febbre di legare la propria memoria a qualcosa di famoso, visibile a tutti, è da sempre insita nella psiche umana.
I graffiti nelle caverne preistoriche sono il primo esempio nella storia di scrittura sui muri. Nelle tombe di alcuni Faraoni, nella Valle dei Re, sono stati trovati graffiti di antichi greci che avevano l’abitudine di attestare il loro passaggio, graffendo il proprio nome sulla prima superficie conveniente a portata di mano.
Gli stessi egizi tenevano comportamenti simili, per lo più per motivi religiosi, lasciando iscrizioni sulle pareti dei templi, in onore delle divinità ivi venerate.
Guadagnare ‘abusivamente’ l’immortalità attraverso qualcosa che durerà nei secoli non è altro che un modo per cercare di esorcizzare la paura di morire e di essere dimenticati.Una scorciatoia, un’idea distorta per provare a rimanere nella memoria dell’umanità, che resta solo il segno, oggi come allora, di una grande inciviltà e una profonda ignoranza.
Articolo pubblicato il: 12 Febbraio 2017 23:09