Camorra: il percorso di Carmine Schiavone e Nunzio Perrella, boss “pentiti” del traffico illecito di rifiuti.
Il sito “Stylo24” ha ricostruito la storia di Carmine Schiavone (morto per cause naturali nel 2015) e Nunzio Perrella (ex boss del Rione Traiano), due tra i più potenti boss della Camorra nel traffico illecito dei rifiuti. Tuttavia, a un certo punto della loro vita, essi hanno scelto di collaborare con la giustizia, accedendo ai programmi di protezione.
Oltre alla posizione di dominio nelle ecomafie, punto di contatto tra loro è l’inchiesta Adelphi. Le indagini nascono dalle prime dichiarazioni rese nel 1988 da Perrella a Franco Roberti (ex procuratore nazionale antimafia e all’epoca sostituto procuratore della Repubblica a Napoli), in cui l’ex boss parla di commistioni tra camorra, politica e imprenditoria per sversare in Campania i rifiuti tossici provenienti da tutt’Italia. Tale inchiesta produsse decine di arresti, ma alla fine terminò tra assoluzioni, prescrizioni e pochissime condanne. L’ex boss del Rione Traiano ha di recente pubblicato anche un libro, Oltre Gomorra. I rifiuti d’Italia (scritto nel 2017 col giornalista Paolo Coltro e pubblicato da Cento Autori), vestendo poi i panni dell’agente provocatore per Bloody Money, l’inchiesta giornalistica di “Fanpage”.
Risalgono al 1997, invece, le dichiarazioni di Schiavone a Massimo Scalia, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti: “Per 10 anni, dal 1988, abbiamo operato nel traffico illegale di scorie pericolose. Abbiamo interrato migliaia e migliaia di fusti tossici”. Tali dichiarazioni saranno rese pubbliche soltanto nel 2013. A sostenere, però, che la sua testimonianza fu secretata da Giorgio Napolitano, quando era ministro dell’Interno, è stato lo stesso Schiavone in un’intervista al giornale tedesco Der Spiegel. Tutto è stato poi smentito da una nota del Quirinale nel gennaio 2014: “E’ fuorviante e privo di qualsiasi fondamento ascrivere a responsabilità dell’allora titolare del Viminale eventuali vincoli di segretezza su atti che all’epoca costituivano parte integrante di indagini giudiziarie in corso”.
Concluso il periodo della collaborazione di giustizia, Schiavone aveva rilasciato numerose interviste, come quella del 2013 a Nadia Toffa de Le iene, cui ha anche indicato i siti in cui sarebbero avvenuti tali sversamenti: nessun riscontro oggettivo da parte degli inquirenti ha provato la veridicità delle sue indicazioni.