Smart Working: In questo periodo la maggior parte delle aziende pubbliche e private hanno adottato la modalità lavorativa online. Quali problematiche causa alla salute, alla privacy e alla gestione dei propri ritmi quotidiani?
Da oltre un anno a causa dell’emergenza Covid 19 la maggior parte delle aziende private e e pubbliche hanno adottato lo Smart Working. Questa situazione inaspettata ha portato ciascuno di noi a definire nuove routine e nuovi assetti nella propria vita quotidiana, e l’organizzazione del lavoro è uno dei settori che più di tutti ha risentito dei nuovi cambiamenti.
Molte aziende a causa della crisi Covid hanno chiuso i battenti mentre altre sono riuscite ad andare avanti adattandosi alla modalità online e ad evitare il peggio. Infatti coloro che sono riusciti a riadattare il proprio lavoro alle nuove disposizioni, attraverso forme di Smart Working, hanno comunque vissuto una serie di problematiche legate alla salute, alla privacy e alla gestione dei propri ritmi quotidiani.
Sebbene il lavoro da casa abbia portato numerosi vantaggi, come la riduzione dei tempi e dei costi del pendolarismo, la riduzione delle assenze, il maggiore rispetto delle scadenze, l’aumento dell’autonomia lavorativa, la riduzione dei costi aziendali, una maggiore flessibilità di orari e di spazi, non mancano gli aspetti negativi legati alla nuova condizione.
È proprio la maggiore flessibilità di orari che ha portato a delle conseguenze negative sulla vita delle persone: stare a casa anche per lavoro ha favorito una condizione di connessione perenne. In molti casi è risultato difficile riuscire a fare una netta distinzione fra le ore dedicate al lavoro e quelle per il tempo libero, i confini fra la vita personale e quella lavorativa si sono assottigliati. Infatti in alcune aziende si abusa sull’orario di lavoro e nel tempo molti dipendenti accusano malanni. Alcune analisi statistiche hanno rilevato come questo nuovo assetto lavorativo tenda a diminuire lo spazio fisico e psicologico tra vita privata e vita lavorativa.
Infatti l’eccessivo tempo dedicato al lavoro, la reperibilità senza limiti, l’abuso di caffeina e gli sbalzi d’umore che ne conseguono possono trasformarsi in patologia: la Sindrome da Workaholism.
Alcune interviste effettuate a campioni di lavoratori hanno evidenziato come molti di questi abbiano lavorato almeno un’ora in più al giorno; abbiano iniziato le giornate in anticipo per terminarle più tardi, andando oltre le canoniche 8 ore; si siano sentiti spinti a rispondere più rapidamente e a essere disponibili online più a lungo del normale.
Che cos’è la Sindrome da Workaholism
Il senso di colpa, ansia e stress per il proprio lavoro, insieme alla difficoltà di staccare la spina a fine giornata, possono essere sintomi della Sindrome da Workaholism.
La sindrome da dipendenza dal lavoro o sindrome da workaholism è un disturbo ossessivo-compulsivo, un comportamento patologico di una persona troppo dedicata al lavoro e che pone in secondo piano la sua vita sociale e familiare sino a causare danni a se stessa, al coniuge e ai figli.
I sintomi più ricorrenti del Workaholism sono:
- eccessivo tempo dedicato in maniera volontaria e consapevole al lavoro, non dovuto a esigenze economiche o a richieste lavorative;
- pensieri ossessivi e preoccupazioni collegati al lavoro (scadenze, appuntamenti, timore di perdere il lavoro);
- poche ore dedicate al sonno notturno con conseguenti irritabilità, aumento di peso, disturbi psicofisici;
- impoverimento emotivo, sbalzi d’umore e facile irritabilità;
- sintomi di astinenza in assenza di lavoro (ansia e panico);
- abuso di sostanze stimolanti come la caffeina.
Raramente il fenomeno si manifesta nei dipendenti quando sono in ufficio in quanto è loro precluso il rientrare al lavoro dopo la timbratura. I settori più colpiti sono la libera professione: consulenti, artigiani, avvocati, commercialisti, manager. Machlowitz nel 1980 stimava che circa il 5% della popolazione statunitense fosse affetta da dipendenza di lavoro. Kanai nel 1996 in uno studio sui manager giapponesi rilevava che circa il 21% ne presentava i sintomi.
Oggi dal 2020 con lo Smart Working purtroppo la malattia si è diffusa molto. Non abbiamo dati certi documentati sulla percentuale ma arrivano molte testimonianze di lavoratori che sono stati costretti a mettersi in malattia.