La denuncia arriva dalla Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), ascoltata oggi in Commissione Affari Sociali della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’attuazione della legge in materia di accesso alle cure palliative e terapia del dolore. A 8 anni dall’approvazione della legge 38 del 2010, tale normativa è stata formalmente recepita da tutte le regioni.
Ha precisato Pierluigi Bartoletti, vicesegretario Fimmg – è ora di passare dalle parole ai fatti. La possibilità, da parte dei cittadini, di fruire delle prestazioni previste rispecchia il livello organizzativo delle singole Regioni, ovvero maggiore al Centro Nord, minore al Centro Sud-. Una delle maggiori criticità è il mancato “collegamento tra il sistema sanitario ospedaliero e quello territoriale”. Ma a pesare è anche “la carenza di medici specializzati e di formazione universitaria”.
In Italia solo il 30% degli psicologi che lavorano in questo settore è strutturato, gli altri sono borsisti, precari con contratti a progetto, ha sottolineato Valentina De Tommasi, psicoterapeuta del Centro Regionale Veneto delle Cure palliative pediatriche.
“Questo numero esiguo – ha spiegato la rappresentante del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi – fa capire la poca importanza data a questa figura che, invece, ha l’importante compito di aiutare il paziente ad elaborare la difficoltà di dover convivere con una malattia non guaribile”.
Un motto che rovescia la visione della malattia come unico oggetto della medicina, per rimettere invece al centro dell’attenzione la persona e il suo bisogno, supporto che potrebbe essere offerto da professionisti del settore, quali psicologi e dallo psicoterapeuta, che mancano sul campo.
Le cure palliative nascono in Inghilterra negli anni ‘60 grazie all’intuito di Cicely Saunders, un’infermiera diventata poi anche medico che coltivò la cultura degli hospice (strutture residenziali sanitarie).
Le cure migliorano la qualità della vita dei malati e delle famiglie, in quanto riescono attraverso la prevenzione a trattare il dolore della persona ammalata con comunicazione e tanta assistenza, con colloqui di sostegno, di accoglienza e psicoterapie delle problematiche nella malattia in fase avanzata.
Il dolore cronico non dipende solamente dalla malattia, ma anche dal modo poco sereno di viverlo ed affrontarlo.
Ci sono alcuni aspetti che pesano negativamente sul dolore cronico, come ad esempio l’intensa attività sportiva, il sovraccarico di impegni, gli eventi stressanti, le posture scorrette ed il lavoro pesante che può rendere difficile lo svolgimento degli impegni giornalieri ed influire sull’umore della persona.
L’intervento dell’operatore psicologico ha come finalità quella di esaminare questi aspetti, al fine di migliorare le strategie personali di gestione del dolore e dello stress ad esso associato.
Lo psicologo dovrebbe affiancare e collaborare con il medico per qualsiasi patologia evolutiva, come ad es. le malattie neurodegenerative, le demenze e la SLA per mettere in gioco strumenti come la neuropsicologia, per capire meglio il livello di funzionamento cognitivo della persona e come potenziare le risorse ancora presenti. Avere operatori professionali e competenti garantisce solo ottimi livelli qualitativi assistenziali, e una miglior tutela del malato.
Articolo pubblicato il: 27 Ottobre 2018 16:28