I ricercatori del Tigem di Pozzuoli hanno scoperto il gene mutato di una malattia rarissima, con un’incidenza <1/1.000.000, le cui cause erano sconosciute fino a tre settimane fa e che la letteratura scientifica aveva descritto solo in 14 casi, la MPPH, Megalencefalia-polimicrogiria-polidattilia-idrocefalo.
Oggi sappiamo che la mutazione che causa la patologia cade, in particolare, sul gene CCND2. Il risultato è stato raggiunto grazie all’impegno e al lavoro prezioso del professor Nicola Brunetti-Pierri e della dottoressa Gerarda Cappuccio, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, nonché ricercatori del Tigem di Pozzuoli, l’istituto Telethon di genetica e medicina.
Questa malattia rara comporta un grave ritardo fisico, che consiste nell’incapacità di reggere il capo e il busto, disabilità cognitive e intellettuali, quindi difficoltà nell’espressione, deficit visivo, riduzione del tono muscolare, macrocrania, una circonferenza del cranio superiore alla norma e crisi epilettiche che sono, in genere, farmaco-resistenti.
Claudia sta svolgendo al Tigem di Pozzuoli il tirocinio che la porterà alla laurea in Biotecnologie Mediche. Un percorso di studi e di vita strettamente legato allo stato di salute del fratello Davide.
Di quattro anni più piccolo di Claudia, Davide ha una vita difficile. Già in gravidanza era visibile all’ecografia una dilatazione cerebrale, che era stata considerata segno d’idrocefalia, una malformazione del cervello. Alla nascita Davide presentava il cranio più grande della norma e una polidattilia bilaterale, cioè la presenza di un sesto dito per entrambe le mani, per la quale ha dovuto subire interventi chirurgici. Inoltre soffriva, sin dai primi tempi, di crisi epilettiche. Un quadro clinico complicato, una malattia le cui cause erano sconosciute.
“Il percorso che ci ha portati alla diagnosi è stato caratterizzato da una serie di opportunità e casualità, che si sono incastrate alla perfezione fino all’ottenimento del nome della malattia di Davide e che finalmente, dopo 20 anni di attesa, tre settimane fa è venuto fuori, con l’identificazione del gene mutato CCND2”.
Claudia racconta così la sua storia a Il Mattino, come se anche lei facesse parte del team di ricercatori che ha ottenuto questo importante risultato ma, in realtà, lei ha potuto seguire il loro lavoro solo dall’esterno. Infatti, la tesi di laurea a cui sta lavorando si occupa d’altro: “Sono nel gruppo della professoressa Brunella Franco, che al Tigem studia i meccanismi alla base di un’altra malattia genetica rara: la sindrome Oro-facio-digitale di tipo 1 (OFD1 Syndrome)”.
Ed è proprio Claudia che, con la sua esperienza personale, testimonia il valore e l’importanza del sostegno alla ricerca sulle malattie genetiche rare: “…ho visto in prima persona quanto sia brutto dover lottare senza conoscere il proprio nemico, restare in attesa di risposte che non arrivano, fino quasi a perdere le speranze. Non bisogna sottovalutare le malattie genetiche rare, perché sono rare solo se prese singolarmente. ‘Raro non significa lontano da me’, è la frase che ripeto sempre quando devo rivolgermi a chi pensa che queste malattie possano essere ignorate”.
Articolo pubblicato il: 22 Maggio 2018 17:13