venerdì, Novembre 22, 2024

Totò, la cultura (e l’umanità) dello strafalcione linguistico

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Anche gli strafalcioni linguistici hanno reso Totò un simbolo culturale riconosciuto da tante iniziative (come la “LAURA honoris causa post mortem”).

di Luigi Maria Mormone – Il Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, ci ha regalato nel corso della sua vita (e continua a regalarci tuttora) tante risate. Numerose sue macchiette sono nate da strafalcioni linguistici, divenuti dei veri e propri tormentoni entrati nella nostra comunicazione quotidiana. Valgano questi per tutti: esipodio, apprescindere, una lettera di carta, le bùfere, non solo a Roma ma in tutta la ROMAGNA, etcetera etcetera (come direbbe lui), sempre accompagnato da grandi partner (a cominciare da Peppino De Filippo). La sua comicità, basata su mimica e non-sense, è tuttavia piena di tanto senso umano e anche di cultura. Il Principe non è infatti solo una maschera (anzi, più maschere in un solo personaggio) ma anche un uomo di cultura che amava alla follia le donne e la sua terra, gli amori che ispirarono il suo essere poeta e paroliere. L’unico neo è che tutta la sua grandezza gli sia stata riconosciuta da morto e non da vivo.Totò, la cultura (e l’umanità) dello strafalcione linguistico Lui stesso disse alla moglie Franca Faldini poco prima di morire: “Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo Paese, in cui però per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire”. Oggi, a 50 anni dalla morte, tantissime iniziative a Napoli e in tutto il mondo riconoscono la grandezza culturale di Totò. La più clamorosa è stata quella dell’Università Federico II di Napoli, la quale, su proposta-provocazione di Renzo Arbore, gli ha conferito lo scorso 5 aprile la laurea (anzi, “LAURA”) honoris causa post mortem. In un mondo in cui le lauree onorarie vengono spesso distribuite come se fossero semplici cartacce, quella per Totò ha forse un sapore speciale e, perché no, anche di rivincita, visto che dimostra quanto il Principe abbia influito non solo nello spettacolo ma anche nella nostra storia e nel nostro linguaggio quotidiano. Per non parlare delle tante iniziative a lui riservate dal Comune di Napoli durante quest’anno, dalla mostra Totò Genio al Maschio Angioino, Palazzo Reale e San Domenico Maggiore, fino alla rassegna Le spalle di Totò. Anche Ricomincio dai libri, la recente fiera del libro tornata a Napoli dopo tanti anni, gli ha dedicato un’area: all’interno dello Spazio De Curtis, grandi nomi della letteratura italiana contemporanea (da Maurizio De Giovanni a Lorenzo Marone, fino a Pino Imperatore) hanno infatti parlato dei loro libri.Totò, la cultura (e l’umanità) dello strafalcione linguistico Napoli ha dunque ancora una volta abbracciato (e abbraccerà sempre) il suo Principe, che tuttavia mai ha dimenticato le sue umili origini: tante infatti le notti da lui trascorse in giro per il suo quartiere, la Sanità, a regalare beni di prima necessità ai più bisognosi. Si potrebbe andare avanti all’infinito negli encomi ma è opportuno fermarsi, perché Totò si dispiacerebbe di tanta attenzione. Il Principe infatti non ha mai voluto “onori e titoli, né diventar signore ma di questo pubblico restare il servitore”.

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