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“Totò, Peppino e la malafemmina” compie 60 anni

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Totò, Peppino e la… malafemmina di Camillo Mastrocinque, il 14 agosto compie sessanta anni. ”Signorina, veniamo noi con questa mia a dirvi che, scusate se sono poche, ma settecentomila lire, noi ci fanno specie che quest’anno c’è una bella moria delle vacche come voi ben sapete”.  Probabilmente senza questa lettera, non sarebbe uno dei film più amati dagli italiani anche al centesimo passaggio in televisione. Antonio Caponi e suo fratello Peppino vivono nelle campagne di Napoli.

Sono proprietari terrieri, campagnoli e di scarsa cultura: Antonio, il primogenito, è spendaccione e donnaiolo, spesso a danno del più giovane, il sottomesso e avaro Peppino. Entrambi sono alle prese con il ben più ricco mezzadro e confinante Mezzacapa ai danni del quale combinano, puntualmente, qualche scherzo, come rompere il vetro della sua finestra con un sasso.

Gianni, il figlio della loro sorella vedova, Lucia, nel corso dei suoi studi di medicina a Napoli si innamora, dopo un rocambolesco incontro, di Marisa, prima ballerina di avanspettacolo. Per amore il giovane decide di seguirla a Milano, all’insaputa del resto della famiglia. La giovane figlia del padrone di casa napoletano di Gianni, Giulietta, segretamente infatuatasi dello studente, per ripicca spedisce una lettera a Lucia, informandola della fuga del figlio.

I tre fratelli, temendo che Gianni possa distogliere l’attenzione dagli studi e interpretando la notizia – secondo la loro mentalità – come possibile fonte di scandalo e cattiva reputazione, decidono di raggiungere Milano. Consultano quindi l’odiato Mezzacapa sull’ambiente milanese, poiché in giovinezza il vicino visse proprio al nord. Raggiunta Milano, si mettono sulle tracce di Gianni, per persuaderlo a tornare a Napoli, cercando anche di convincere Marisa a lasciarlo, con la famosissima lettera dettata da Antonio a Peppino.

Al di là degli errori grammaticali, tesi verso un effetto comico, il testo contiene alcuni artifici di natura linguistica. Altri errori si possono comprendere dalle controscene di Totò mentre cerca di giustificare a Peppino le sue scelte lessicali: l’uso del punto e dei due punti e quindi del punto e punto-e-virgola per non essere tacciati di tirchieria, la voce verbale “avreta” invece di “avrete” perché il destinatario è al femminile, denominare “perché” come aggettivo qualificativo, fino all’invito a inserire la parentesi chiamandola “parente”. La correzione “con l’insalata” era invece un travisamento di Peppino che poi corregge. Al termine della dettatura, Totò chiede al fratello se vuole aggiungere qualcosa, e Peppino propone “senza nulla a pretendere”, come a volersi cautelare. Mentre Totò suggerisce un “in data odierna”, ma entrambi convengono sul non scriverlo per il fatto che “quello poi si capisce”.

Secondo la testimonianza di Teddy Reno, in seguito confermato in parte anche da Ettore Scola (che lavorava in qualità di aiuto regista) la scena fu semi improvvisata. In origine non era riportata nel copione del film, copione che non convinceva del tutto i due attori, che, durante le riprese, stravolgevano spesso e volentieri le scene da girare.

Nella versione definitiva, inoltre, si nota che Peppino scrive la seconda metà della lettera sull’ultima riga sovrascrivendola più volte, probabilmente non prevedendo un testo così lungo. Scola aggiunse che lui, autore di rilievo di alcune gag, lavorando nel cast tecnico del film, propose la scena.

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