Presentato al congresso dell’Asco (American Society Clinical Oncology), lo studio americano, finanziato con fondi federali, ha dimostrato che, grazie a un test basato sull’analisi di 21 geni delle cellule tumorali (test genomico), coinvolti nelle ricadute della malattia, alcune pazienti con tumore al seno possono anche non giovarsi della chemioterapia dopo l’intervento chirurgico. Per loro, infatti, non è stato rilevato alcun miglioramento in termini di sopravvivenza libera da malattia, quando la chemioterapia era aggiunta all’ormonoterapia.
Sono poi fondamentali le caratteristiche genetiche del tumore che emergono dal test genomico.
Il risultato, dicono i ricercatori, “avrà un impatto immediato, risparmiando a migliaia di donne gli effetti collaterali della chemioterapia”. Su questa base, in Italia potrebbero evitare la chemioterapia circa 3.000 pazienti l’anno, pur continuando a raggiungere eccellenti risultati di sopravvivenza sul lungo periodo.
Grazie a questi risultati, molte donne potranno risparmiarsi gli effetti collaterali della chemioterapia. Sia quelli che si manifestano durante il trattamento, come nausea, vomito, perdita di capelli, stanchezza, rischio di infezioni e, nelle donne più giovani, menopausa precoce o infertilità, cui si possono aggiungere danni ai nervi che, in alcuni casi, diventano permanenti. Sia quelli che si possono manifestare dopo mesi o anche anni, rari ma seri, come lo scompenso cardiaco.
Non bisogna mai dimenticare, però, che la possibilità di bloccare il tumore è un vantaggio assoluto rispetto agli effetti indesiderati che la terapia può causare e che affidarsi ad una équipe competente di oncologi farà pendere la bilancia costi-benefici sempre più dalla parte di questi ultimi.
Articolo pubblicato il: 6 Giugno 2018 0:22