Come ricordare agli adulti che escono dall’auto la presenza di bambini nell’abitacolo? Ci sono molti brevetti di dispositivi di allarme ma le aziende non li producono. Vediamo perchè?
Non ce l’ha fatta la piccola rimasta chiusa in auto ieri mattina a Vada (Livorno). Le cronache sono piene di episodi del genere, di genitori che “cancellano” dalla loro mente la presenza dei figli in auto, magari sono convinti di averli accompagnati a scuola e poi se ne vanno tranquillamente a lavorare.
Anche per questo sono stati messi a punto vari dispositivi per ricordare agli adulti che escono dall’auto la presenza di bambini nell’abitacolo. Come ad esempio allarmi che suonano per non far allontanare i genitori.
Dei “black out” vissuti in quei momenti hanno parlato spesso persone che hanno perso i figli in quel modo drammatico, dicendo di non riuscire a capacitarsi, anche a distanza di anni, di come sia stato possibile.
I bambini sono più esposti ai colpi di calore all’interno degli abitacoli delle macchine perché la loro temperatura sale molto più velocemente di quella degli adulti. In un ambiente che si surriscalda anche di 10 gradi ogni 15 minuti basta poco per provocare danni gravi.
Il ministero della Sanità ha preparato anche un opuscolo dove si sottolinea come l’ipertermia nei bambini possa arrivare anche dopo 20 minuti all’interno dell’abitacolo.
Uno dei consigli che viene dato per evitare questo tragico, errore, è quello di mettere delle chiavi, una borsa o comunque tutti gli oggetti che si hanno con sé nei sedili di dietro, accanto al bambino. Un modo per vederlo prima di uscire dall’auto.
Esistono diversi brevetti che potrebbero impedire la morte di questi bambini per una banale dimenticanza e, invece, le aziende del settore per logiche legate al profitto o, semplicemente, per incompetenza non dotano i propri seggiolini di questi dispositivi.
Come funziona?
Il funzionamento è semplice: individuare in qualche modo se il bambino è seduto sul seggiolino (interruttore sulla fibbia della cintura di sicurezza, sensore sul sedile, etc. come sui sedili auto); capire se il motore è acceso o spento (tensione sotto chiave, segnale su rete CAN); capire se il guidatore si è allontanato dall’auto (portachiavi con allarme di allontanamento); avvisare ad esempio tramite un cicalino sul portachiavi. Ogni brevetto esistente si distingue per la presenza e la combinazione di questi segnali.
A questo punto ci chiediamo: perché il dispositivo non è stato prodotto?
Depositato il brevetto sono state contattate ben undici delle maggiori aziende del settore (L’Inglesina Baby S.p.A., Chicco/Artsana, Bellelli s.r.l., Brevi s.r.l., Peg Perego S.p.A., Cam S.P.A. solo per citarne alcune), di queste solo cinque hanno risposto e solo due hanno accettato un incontro per discutere del progetto. Ecco le risposte più curiose:
– “Non siamo interessati perché siamo già in possesso di decine di brevetti sull’argomento e, poi, per filosofia aziendale, non lavoriamo con brevetti esterni”.
– “Di gadget di questo tipo sono pieni gli scaffali e nessuno li compra”.
– “Se non veniamo obbligati per legge non possiamo giustificare un investimento di questo tipo”.
– “Nessuno comprerebbe un dispositivo di questo tipo perché nessun genitore ammetterebbe a se stesso di poter dimenticare il proprio figlio in auto”.
Due aziende invece hanno risposto con un approccio più possibilista:
“Possiamo essere interessati a valutare una proposta per il prodotto finito piuttosto che per il brevetto”.
Un’altra, invece, ha risposto più o meno così:
“Ne ridiscuteremo quando il brevetto sarà finalmente rilasciato, quindi tra almeno 18 mesi se tutto va bene”.
Nessuna azienda ha valutato l’aspetto etico e il possibile ritorno di immagine derivante da un progetto simile, per non parlare delle opportunità di business. Le cose ovviamente cambierebbero se il parlamento legiferasse in tal senso, rendendo obbligatorio il dispositivo di sicurezza.
Intanto troppi bambini continuano a morire in quel modo assurdo e atroce. Quando basterebbe un semplice cicalino…