Il virus dell’HIV si trasmette da persona a persona prevalentemente attraverso i rapporti sessuali non protetti o il contatto diretto con il sangue. Una nuova strada si apre per liberare i malati Aids dai farmaci a vita che prendono quotidianamente per mantenere sotto controllo la loro malattia. Promessa che arriva grazie ad un nuovo vaccino terapeutico chiamato Tat, che è stato somministrato a pazienti in terapia antiretrovirale (cART) e si è rilevata efficace, in grado di ridurre del 90%il serbatoio di virus latente dopo 8 anni dalla vaccinazione.
Una notizia interessante pubblicata sulla rivista Frontiers in Immunology grazie ad un monitoraggio di circa 8 anni di pazienti immunizzati con il vaccino menzionato, ricerca messa a punto dall’Equipe da Barbara Ensoli, direttore del Centro Nazionale per la Ricerca su HIV/ AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).
Lo studio del vaccino è iniziato nel 1995 ma nel corso degli anni, è stato contestato da ricercatori americani in relazione alla sua efficacia sugli animali ed è anche stato oggetto di polemiche, come nel 2003 quando venne pubblicata da Science una nota di alcuni immunologi Usa che protestavano per un finanziamento di 10 milioni di dollari destinato dal Congresso americano alla ricercatrice italiana, suggerendo che la decisione potesse essere legata alla partecipazione del nostro paese alla guerra in Iraq. Una nuova terapia potrebbe in un certo qual senso migliorare i problemi e la qualità della vita in particolar modo nei giovani, bambini ed adolescenti e di controllare in maniera più accurata il comportamento del Virus.
La mancanza di fondi non permette di proseguire nella sperimentazione e la malattia colpisce soprattutto le fasce più fragili della popolazione mondiale, come i bambini, le donne e gli omosessuali. La cura richiede molte attenzioni ed investimenti perché il Virus non può essere eliminato dalla cART perché persiste, senza replicarsi, in alcune delle cellule infettate in forma di DNA virale nel sangue, una forma silente che costituisce un pericoloso serbatoio invisibile al sistema immunitario e inattaccabile dalla terapia. In questo modo la riattivazione dell’infezione diventa più facile con l’interruzione della terapia, ecco perché occorre il controllo accurato nel tempo.
Articolo pubblicato il: 16 Febbraio 2019 7:00