È un dato di fatto che nel nostro Paese la medicina è ai livelli dei paesi più sviluppati, anche se con non poche differenze tra Nord e Sud. Quando, poi, un paziente preferisce curarsi in un centro estero, esiste una legge che gli consente la completa rimborsabilità, da parte dello Stato, di tutte le spese sostenute, non solo per se stesso, ma anche per un accompagnatore, vitto e alloggio compreso. Unico requisito: la cura deve essere scientificamente valida. La chiamano la “Shengen sanitaria”, perché ha l’ambizione di abbattere le barriere che separano i servizi sanitari dell’Ue. Almeno in teoria.
In Italia, il nuovo farmaco immesso di recente sul mercato, che permette la completa eradicazione dell’infezione, costa circa 35.000 euro, per cui non tutte le categorie di pazienti affetti dal virus possono per il momento usufruirne. E allora? Chi può, va in India e si compra i farmaci, al limite della legalità. Investe poco meno di duemila euro, mentre, se si fosse rivolto a San Marino, a Città del Vaticano o fosse andato in giro per l’Europa ne avrebbe spesi venti volte di più.
Se la malattia non è presente nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza, al malato non viene riconosciuta l’assistenza. E, quando si rivolge ad una struttura medica per necessità, la mancanza di ambienti adeguati e di competenze specifiche del personale medico comportano, per lui, un rischio gravissimo.
Sicuramente, situazioni come queste, pesano sul malato e sui suoi familiari sia dal punto di vista fisico e psicologico, ma anche e, soprattutto, dal punto di vista economico. Partono, allora, vere e proprie catene di solidarietà, appelli alla “beneficienza” organizzati da personaggi televisivi o sportivi che organizzano in buonafede serate di raccolta fondi. I quotidiani si adoperano per assicurare una buona diffusione della notizia, aste di beneficienza, gruppi sui social network, insomma, un vero e proprio “team” che raccoglie somme considerevoli con la speranza di risolvere storie strazianti. Chi legge queste notizie è mosso da sincero altruismo, soprattutto quando i protagonisti di queste vicende sono bambini.
Eppure c’è chi è capace di lucrare su queste disgrazie. Il fenomeno dello sciacallaggio, in fatto di salute, è più diffuso di quanto si possa pensare e le truffe sono frequentissime (non per forza chi fa la richiesta è complice, spesso è una vittima convinta di poter davvero curare un bambino in centri miracolosi). Diffidare, perciò, dalle imitazioni: attenzione ai viaggi dell’illusione, vere e proprie operazioni commerciali, borderline con l’illegalità.
Si tratta di situazioni in cui vengono millantate cure miracolose che spingono i malati a intraprendere viaggi verso mete lontane. Tre sono le principali: gli Stati Uniti (di solito la Florida), la Cina, Israele.
Negli USA, per esempio, l’ossigenoterapia, la cosiddetta terapia iperbarica, viene offerta come cura efficace per bambini (e non solo) che soffrono di paralisi cerebrale da trauma o da altra causa. In realtà le stesse camere iperbariche, esistono anche in Italia, solo che da noi la cura di queste malattie con tali macchinari, vista la mancanza di fondamento scientifico, non è autorizzata.
Un’altra cura “miracolosa” è quella relativa all’uso di cellule staminali per migliorare diverse malattie neuromuscolari. Anche in questo caso, secondo i promotori di queste cure, le paralisi cerebrali, la sclerosi multipla, i deficit neuromotori risponderebbero benissimo all’iniezione di staminali. In molte nazioni, Cina su tutte, si offrono cure a base di staminali (costosissime) per qualsiasi malattia. Ma, nella realtà, fino ad oggi non si sono ottenuti, con le staminali, i risultati attesi, mentre è emersa la possibilità di effetti collaterali. Intanto, nascono cliniche private, che offrono tutto: vitto, alloggio, cura e spostamenti, un “pacchetto salute” che promette grandi risultati, rappresentando così un’illusione per chi ci crede.
Quindi, prima di tutto verificare. Quando si legge di una raccolta fondi per una “cura costosissima”, basta informarsi, chiedere di che malattia si tratta, quale sarebbe la cura, perché non effettuarla in Italia e perché non sfruttare le leggi esistenti nel nostro paese. Davanti a risposte evasive, cure “non riconosciute”, in centri “unici al mondo”, c’è da diffidare, quasi sicuramente si tratta di una truffa.
Articolo pubblicato il: 7 Marzo 2017 22:38