La vittima dell’attentato di Vibo Valentia era stato candidato alle elezioni comunali di Limbaldi. Con lui ferito gravemente il padre. Non si esclude alcuna pista.
Un uomo di 42 anni, Matteo Vinci, é morto a Limbadi, nel Vibonese, nello scoppio dell’auto di cui era alla guida. Ferito gravemente il padre di Vinci, Francesco, di 70 anni. L’ipotesi che viene fatta dai carabinieri, che stanno svolgendo le indagini sotto le direttive della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, é che a provocare lo scoppio sia stata una bomba collocata nel vano portabagagli della vettura, anche se sono tutte da verificare le modalità con cui é avvenuto lo scoppio.
Matteo Vinci, ex rappresentante di medicinali, era stato candidato alle ultime elezioni comunali nella lista “Limbadi libera e democratica”. Il prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo, ha convocato d’urgenza il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, per fare il punto sulle indagini.
In un primo tempo si era pensato all’esplosione di una bombola gpl e quindi ad una disgrazia. Poi, l’approfondimento delle indagini ha fatto emergere qualcosa di diverso e ben più grave: lo scoppio a Limbadi, nel Vibonese, dell’automobile su cui viaggiavano Matteo Vinci ed il padre é stato provocato da un ordigno. La vettura su cui viaggiavano i due (una Ford Fiesta) é stata praticamente sventrata dall’esplosione. Le prime persone giunte sul posto, richiamate dallo scoppio, hanno provato a soccorrere i due, ma per Matteo Vinci non c’era più niente da fare. Lo scoppio gli aveva leso organi vitali e la sua morte è stata praticamente istantanea. Francesco Vinci, invece, rantolava ed aveva lesioni in varie parti del corpo. É stato chiamato il 118 che ha provveduto a trasportare il ferito nell’ospedale di Vibo Valentia. Le sue condizioni sono apparse subito molto gravi e la prognosi per lui é riservata.
La ricostruzione degli inquirenti per l’attentato di Vibo Valentia riporta a modalita’ mafiose
Un attentato, dunque, e non un fatto accidentale. Un attentato compiuto, peraltro, con una tecnica criminale che riporta direttamente, ed inevitabilmente, alla ‘ndrangheta ed alle sue articolazioni sul territorio più efferate e sanguinarie. Lo scoppio si é verificato nel momento in cui l’auto percorreva una strada interpoderale in una zona molto isolata, in località “Cervolaro”. Sul posto, per il coordinamento delle indagini, sono giunti il pm di turno della Procura della Repubblica di Vibo Valentia ed un magistrato della Procura antimafia di Catanzaro.
Gli artificieri dei carabinieri hanno effettuato gli accertamenti tecnici per verificare dinamica e cause dell’esplosione. L’ordigno ad alto potenziale era stato collocato, secondo quanto é emerso dai primi accertamenti, sotto la vettura e lo scoppio potrebbe essere stato azionato con un radiocomando. Una tecnica criminale di spessore elevato per eliminare due persone che non pare fossero legate ad ambienti mafiosi importanti. Perché quindi utilizzare per ucciderle modalità così spettacolari? É uno dei tanti dubbi che le indagini dei carabinieri dovranno sciogliere.
Limbadi, tra l’altro, é uno dei centri a più alta densità mafiosa della provincia di Vibo Valentia e dell’intera Calabria, regno incontrastato da sempre della cosca Mancuso, uno dei gruppi storici della criminalità organizzata calabrese. Al momento, però, non c’é prova alcuna di un coinvolgimento dei Mancuso in quanto é accaduto, né si capisce quale sia stata la logica mafiosa che possa avere provocato un episodio di tale gravità. Il prefetto di Vibo valentia, Guido Longo, ha convocato d’urgenza il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sulle indagini.
Il problema, innanzitutto, é capire se l’obiettivo dell’attentato fosse Matteo Vinci o il padre. Quest’ultimo, stando a quanto si é appreso, in passato era stato vittima di un agguato. Tanti gli elementi, dunque, che caratterizzano il quadro delle indagini, ma nessuna pista precisa, al momento, che possa consentire di spiegare quanto é accaduto. (ANSA).