martedì, Marzo 18, 2025

I promessi suoceri: Caiazzo tra il riso e l’intelligenza della commedia moderna

“I promessi suoceri”, il nuovo lavoro di Paolo Caiazzo in scena al Teatro Augusteo, un’opera che con intelligenza e modernità rievoca lo spirito di quella tradizione.

C’era un tempo in cui la commedia all’italiana, con la sua sfrontata ironia e la sua capacità di raccontare la società attraverso il sorriso, dominava le scene cinematografiche e teatrali. Un’epoca in cui i tic, le ipocrisie e le piccole miserie del quotidiano venivano messi a nudo con la leggerezza pungente del grande teatro comico.

Ed è proprio in questo solco che si inserisce “I promessi suoceri”, il nuovo lavoro di Paolo Caiazzo in scena al Teatro Augusteo, un’opera che con intelligenza e modernità rievoca lo spirito di quella tradizione. Caiazzo, autore, regista e protagonista, ci conduce in un viaggio all’interno di un microcosmo familiare in cui si consuma il più temuto dei rituali: l’incontro tra i consuoceri. Una cena, apparentemente formale, si trasforma in un campo di battaglia comico dove il non detto, il sospetto e la paura del diverso esplodono in una sequenza inarrestabile di verità scomode.

A innescare la miccia è la famiglia dello sposo, una coppia avvolta da un’ombra di mistero, ben tratteggiata in scena da Antonio D’Avino e Yuliya Mayarchuk, il cui benessere sfacciato e le frasi pronunciate lasciano presagire legami con ambienti tutt’altro che cristallini. È qui che la commedia trova il suo nerbo più vivo: nello scoprimento graduale di segreti inconfessabili, nello scontro tra apparenza e sostanza, nell’assurda consapevolezza che dietro ogni rispettabile borghesia si cela sempre un armadio pronto a spalancarsi.

Dietro una fasulla facciata, infatti, si nasconde un intreccio ben più profondo e spietato, che affonda le radici in un passato fatto di paternità e maternità taciute per anni, destinate a riemergere proprio quando i giovani innamorati si trovano sull’orlo di una promessa eterna. È questo il colpo di scena che trasforma la commedia in un gioco al massacro emotivo, dove l’ilarità si mescola con l’inquietudine e la leggerezza si tinge di una sottile amarezza.

Maria Bolignano, nel ruolo di Elisa, è un concentrato di energia e mordente. Con impeccabile tempismo comico, inanella battute taglienti e momenti di irresistibile ironia, facendo da perfetto contraltare alla recitazione flemmatica e misurata di Caiazzo nei panni del marito Antonio. Il loro duetto e il confronto con la famiglia del futuro sposo della loro Lucia, vivacemente impersonata da Giovanna Sannino, regala alcuni tra i momenti più esilaranti dello spettacolo, facendo emergere quella comicità di coppia che sa di vissuto autentico, tra insofferenze e complicità.

Di rilievo anche la prova di Domenico Pinelli, che presta al fidanzato Lorenzo la stessa pacata intensità già apprezzata in Tv nel ruolo del giovane Peppino ne “I Fratelli De Filippo”. La sua recitazione misurata e credibile diventa l’elemento perfetto per equilibrare la frenesia delle gag, donando spessore e attendibilità alla vicenda. E poi c’è l’omaggio alla grande commedia italiana. “I promessi suoceri” riecheggia il cinema di Sordi e Vitti, richiama l’atmosfera degli anni ’80, rievoca una leggerezza che non è mai superficialità, ma piuttosto strumento per svelare le nevrosi e i paradossi di un’epoca.

Tuttavia, è nel tessuto drammaturgico che lo spettacolo mostra la sua intelligenza: il testo, con le sue battute incalzanti e il suo susseguirsi di rivelazioni, sembra omaggiare anche il miglior teatro popolare. La farsa si fonde con il giallo familiare e, a più riprese, lo spettacolo vira nel clima della pochade, con chiari riferimenti al teatro di Scarpetta. “Miseria e Nobiltà” viene evocata non solo nei dialoghi, ma anche nell’atmosfera farsesca che esplode tra battute e citazioni, mentre la borghesia piccolo-criminale si scontra con i timori e le ipocrisie della famiglia della sposa. Lo spettacolo diverte, intrattiene e, soprattutto, funziona.

Perché la comicità, quando è ben scritta e ben recitata, ha il potere di raccontare il reale meglio di qualsiasi dramma. E in fondo, come insegna Manzoni, alcune unioni sembrano proprio destinate a non compiersi. E allora, tra una risata e un colpo di scena, non si può che concludere con le parole più celebri di tutte: “Questo matrimonio non s’ha da fare”.

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